IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE: PERCORSO NORMATIVO DAL TELELAVORO ALLO SMART WORKING E CENNI GIURISPRUDENZALI

  1. PERCORSO NORMATIVO: D.LGS. 626/1994, D.LGS. 81/2008 (T.U. SULLA SICUREZZA E SALUTE SUL LAVORO), D.LGS. 81/2017 E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Per ricorstruire la nascita del diritto alla disconnessione nel nostro ordinamento dobbiamo fare un passo indietro e partire dalla distinzione tra il c.d. telelavoro e il c.d. lavoro agile, spesso erroneamente utilizzati come sinonimi.

> Televoro: si sostanzia nella traslazione del classico lavoro in ufficio in un altro ambiente, tipicamente il domicilio del lavoratore e non suscettibile di variazione, senza che le caratteristische strutturali della prestazione mutino rispetto al loro svolgimento tra le mura aziendali: vi sono precisi  orari ed obblighi in capo al lavoratore e controlli da parte del datore di lavoro.

Esso trova la sua prima disciplina nel D.Lgs. n. 626/1994 il quale all’art. 2 c.1 lett. a) definisce il lavoratore come “la persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro … con rapporto di lavoro subordinato anche speciale ove il telelavoro era qualificato dall’aggettivo “speciale”.

Seguirà la  Legge n. 191/1998  che richiamerà il telelavoro solo nell’ambito della Pubblica amministrazione, l’Accordo Interconfederale per il recepimento dell’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16/2002 tra UNICE (Confindustra Europea)/EUAPME (Ass.ne Europea Artigianato e PMI), CEEP (Ass.ne Europea imprese partecipate dal pubblico e di interesse economico genenrale) del 9/6/2004, recepito in Italia nel 2008 con accordo interconfederale tra Confindustria, Confapi, Confartigianato, CGL, CISL, UIL e altre organizzazioni sindacali.

Sarà il D.Lgs. n. 81/2008 c.d. Testo Unico sulla sicurezza e salute sul lavoro a cambiare totalemente il quadro normativo di riferimento, tanto che le norme ivi contenute verranno poi espressamente richiamate dall’INPS con la Circolare n. 52 del 27/2/2015 il cui articolo 8  “Misure di protezione e precenzione” dispone:

“Ai sensi dell’ art.3, comma 10, del D. Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, … sono assoggettati alle disposizioni di cui al titolo VII del citato decreto legislativo, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa. …

Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro … anche avvalendosi delle figure previste dalla vigente normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro (Responsabile e addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione, Medico Competente, preposti) e gli accessi saranno effettuati previa richiesta indirizzata al telelavoratore. …

Il lavoratore che intende effettuare prestazioni di telelavoro domiciliare deve disporre di un ambiente di lavoro conforme alle normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché conforme quanto indicato nell’allegato XXXIV e s.m.i. del D.lgs. 81/08 e s.m.i.

Infine, e’ opportuno che il telelavoratore dipendente sottoscriva …l’impegno formale … al rispetto categorico della “quantità oraria globale massima” di lavoro al video terminale e delle relative pause, previsti dall’organizzazione aziendale.

In particolare, il telelavoratore nell’organizzazione dei propri tempi di lavoro, dovrà impegnarsi a osservare il riposo di undici ore consecutive ogni ventiquattro come previsto dall’art. 6 del D. Lgs. n. 66/2003 …”

E’ nel passaggio soprariportato in grassetto che può rinvenirsi, a mio sommesso avviso, la prima forma di previsione di diritto alla disconnessione.

< Lavoro agile: è disciplinato dal D.Lgs. n. 81/2017, capo II, artt. 18-24.

L’art. 18 definisce il lavoro agile quale modalita’ di esecuzione  del rapporto di lavoro subordinato  stabilita  mediante  accordo  tra  le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e  obiettivi e senza precisi vincoli di orario  o  di  luogo  di  lavoro,  con  il possibile  utilizzo  di  strumenti  tecnologici  per  lo  svolgimento dell’attivita’ lavorativa. La prestazione lavorativa viene  eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una  postazione  fissa,  entro  i  soli  limiti  di  durata   massima dell’orario di lavoro  giornaliero  e  settimanale,  derivanti  dalla legge e dalla contrattazione collettiva …”.               E’ sufficiente il dato normativo letterale a porre in evidenza le caratteristiche che differenziano – e non di poco – il telelavoro dal lavoro agile: il primo, eseguito in un unico luogo ben preciso e non modificabile, entro determinati e rigidi orari; il secondo, svolto ovunque il lavoratore agile lo ritenga opportuno o gradito, senza orari rigidi ma al contrario così flessibili da consentirne una organizzazione “per fasi, cicli e obiettivi”. Da qui l’uso di indicarlo all’inglese smart working.                L’art. 22 del D.Lgs. n. 81/2017, l’art. 22, intitolato “Sicurezza sul lavoro” dispone che “Il datore di lavoro garantisce la  salute  e  la  sicurezza  del lavoratore che svolge la prestazione in modalita’ di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al  rappresentante  dei  lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa  scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i  rischi  specifici connessi alla particolare modalita’ di  esecuzione  del  rapporto  di lavoro.    2. Il lavoratore e’ tenuto a cooperare all’attuazione delle  misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro  per  fronteggiare  i rischi connessi  all’esecuzione  della  prestazione  all’esterno  dei locali aziendali”.       Quest’ultimo inciso ha una grande rilevanza poiché in esso pare rinvenirsi iil fondamento di un dovede di disconnessione in capo al lavoratore agile, speculare al suo diritto alla disconnessione.                Ferma la tutela di cui al citato art. 22, è opinione unanime in dottrina che il lavoratore agile è beneficiario di tutte le tutele di cui al Testo Unico sulla sicurezza e salute sul lavoro D.Lgs. n. 81/2008 che vanno ad integrare la suddetta informativa.               La motivazione è evidente: lo smart working è orientato al c.d. work-life balance in quanto teso al migliore allineamento possibile dei progetti di vita con i progetti professionali, ma la flessibilità organizzativa ed oraria, unita all’utilizzo massiggio di strumenti informatici, può anche produrre il risultato opposto definito, metaforicamente, “time porosity” ([1]) ad indicare lo sfumare dei confini tra i tempi di vita e tempi di lavoro.               Uno stato di ininterrotta connessione o “always on”, comporta la possibilità che lo smart worker sia continuamente  contattato e quindi esposto <a uno stato permanente di allerta reattiva rispetto al soddisfacimente delle richieste datoriali> ([2])con potenziali conseguenti gravissimi rischi per la salute: irritabilità e umore deflesso, insonnia, calo motivazionale, esaurimento fisico-psico, stress lavoro-correlato sino al c.d. “burn out” ([3]).               Questo è il quadro originario dal quale è emersa la tutela dello smart worker da una potenziale perenne connessione senza che questo abbia ripercussioni sotto il profilo retributivo, né lo esponga a sanzioni disciplinari.                Tutela, però, estremamente generica che ne rende l’esercizio alquanto difficoltoso. Si noti, a questo proposito, che il legislatore non ha qualificato espressamente la disconnessione come diritto; l’assenza di una specifica qualificazione si accompagna alla mancanza di una nozione giuridica, dell’indicazione di un iter attuativo che conferisca effettività al disposto normativo, né vi è la previsione delle conseguenze in caso di non ottemperanza.               Come colmare tale “vuoto”? In dottrina, la via da percorrere per tentare di dare effettività alla tutela del disposto normativo in esame <<è l’ancoraggio ad alcuni diritti dondamentali, in particolare il diritto alla salute e il diritto alla vita privata.                Per quanto attiene al primo, e quindi alla tutela dell’integrità fisica e psichica dei lavoratori, come noto, si tratta di un diritto-dovere del lavoratore, cui corrisponde la posizione di obbligo a carico del datore di lavoro. In particolare, al fine di individuare gli strumenti già esistenti per garantire l’effettività di questo diritto emergente, il riferimento è innanitutto alla disciplina dell’orario di lavoro, ancorata a livello costituzionaleper quanto attiene alla durata della prestazione e ai riposi (art. 36, commi 2 e 3 della Costituzione)>>. ([4])               Con riguardo al secondo, atteso che la ratio sottesa al lavoro agile è l’agevolazione della conciliazione vita-lavoro, la disconnessione si configurerebbe come un nuovo diritto digitale caratterizzantesi come corollario del diritto alla vita privata; la disconnessione verrebbe così ancorata alla tutela della privacy e la garanzia della sua effettività sarebbe da ricondurre nell’azione dell’Autorità Garante per la protezione dei dati. Tale inquadramento è confortato dalle esperienze europee in materia di disconnessione in particore quelle francese e spagnola, ove essa è espressamente qualificata come diritto. ([5])               Infine, si rileva che per la regolamentazione della disconnessione il nostro legislatore non ha disposto nessuno specifico rinvio alla contrattazione collettiva (anche qui a differenza del legislatore francese e spagnolo); invero, la contrattazione collettiva appare essere lo strumento più idoneo per colmare nello specifico il vuoto normativo di cui si è detto <<segnando la via per un futuro riconoscimento di un vero e proprio diritto alla disconnnessione, non solo per gli smart worker, ma per tutti i lavoratori, in linea con quanto si è visto ad esempio in Francia e Spagna>> ([6])               Fermo quanto precede, tuttavia anche in Italia sono intervenuti accordi aziendali che hanno disciplinato il diritto in esame, alcuni dei quali anche ante Legge 81/2017, quale ad esempio quello della Barilla che nel 2015, il quale, prevedeva che durante l’espletamento del lavoro agile, nell’ambito del normale orario di lavoro, la persona doveva rendersi disponibile e contattabile tramite strumenti aziendali messi a disposizione: ciò implica, a contrariis,   che la disconnessione sarebbe garantita al di fuori di quell’orario.               Ancora, l’accordo della General Motor, anch’esso del 2015, il quale prevedeva che i lavoratori agili dovevano essere raggiungibili telefonicamente e/o attraverso la messaggistica istantanea aziendale nelle ore centrali della giornata.               Dopo l’entrata in vigore della Legge 81/2017 il diritto alla disconnessione è stato espressamente disciplinato, in ambito pubblico, dal CCNL del personale del comparto Istruzione e Ricerca 2016/2018, sottoscritto il 18/4/2018, il cui art. 22, c. 4, lett. C8 rinvia alla contrattazione interativa la definizione dei “criteri generali per l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche di lavoro diverso da quello di servizio al fine di una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e familiare (diritto alla disconnessione)”.               Infine, il CCNL per i Quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti delle imprese creditizie, finanziarie e strumentali ha regolamenteato il diritto alla disconnnessione statuendo, al fine di garantirene l’effettività, che il lavoratore possa disattivare i propri devices in modo tale da non ricevere comunicazioni aziendali al di fuori dell’orario lavorativo e nei periodi di assenza legittimata.               Altri accordi degni di menzione sono quelli di Intesa San Paolo del 2015, Axa e Zurich del 2016, Tim e Siemens ed Eni del 2017, Gruppo FS italiane del 2018, Sogin del 2020.               

2. IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE NELLA GIURISPRUDENZA               Se da un lato il legislatore non qualifica espressamente il diritto in esame come diritto alla disconnessione, pur tuttavia disciplinandone in linea di massima il contenuto, dall’altro lato la giurisprudenza purtroppo non soccorre in tal senso.               Nel panorama delle pronunce sia di merito che di legittimità infatti esso non viene mai espressamente richiamato; l’unica eccezione si rinviene una datata pronuncia del Tribunale di Torino risalente al 2007 con la quale il Giudice Dott. Raffaele Guariniello,  nell’ambito di un procedimento instaurato a seguito di una inchiesta condotta in un’azienda di call center, ha riconosciuto il “tecnostress” come malattia professionale.

Il tecnostress viene inquadrato nel nuovo novero delle “tecnopatie”, ovvero di quelle patologie che scaturiscono dall’utilizzo massimo e prolungato di nuove tecnologie all’interno dei processi produttivi e nell’ambito dei servizi; per tali patologie professionali, a far data dal 31/12/2010, l’art. 28 del D.Lgs. 81/2008 ha introdotto l’obbligo della valutazione dei rischi “collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004 …”. ([7]).

Sebbene resa in una fattispecie del tutto estranea al tema in esame, è degna di nota la sentenza della Corte di Cassazione, IV Sez. Penale, n. 45808 del 27/6-5/10/2017, poiché, nella parte motiva enuncia il principio secondo cui “I doveri di valutazione del rischio e di formazione del lavoratore gravanti sugli odierni imputati …. sorgevano dal generale obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali sono chiamati ad operare i dipendenti, ovunque essi siano situati (art. 15 d.lgs. n. 81/08) e dal parimenti generale obbligo di formare i lavoratori, in particolare in ordine ai rischi connessi alle mansioni [art. 37, co. 1, lett. b) d.lgs. n. 81/08]. Infatti, la restrittiva nozione di ‘luogo di lavoro’ rinvenibile nell’art. 62 d.lgs. n. 81/2008 (a mente del quale si intendono per ‘luoghi di lavoro’ “i luoghi destinati ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”), è posta unicamente in relazione alle disposizioni di cui al Titolo II del citato decreto. E quindi va ribadito che ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di ‘luogo di lavoro’; a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro o esso sia accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”.

Tale principio offre una nuova definizione di “luogo di lavoro” includendovi a tutti gli effetti anche la figura del lavoro agile con tutte le conseguenze che ne derivano.

               In conclusione, si osserva che pare verosimile ritenere che l’assenza di specifici precedenti giurisprudenziali aventi ad oggetto il diritto alla disconnessione così come oggi è inteso sia dovuta al fatto che sino al febbraio di questo nefasto anno 2020 il ricorso allo smart working, sebbene in crescita, contava percentuali poco significative e/o anche coloro che vi ricorrevano lo facevano in una misura non così massiva come è avvenuto a causa della pandendemia. Pertanto, il panorama pare senz’altro destinato a mutare.

 

[1] E. Genin, Proposal for a theorethical frameworkof time for the ananlisys porosity, IJCLIR, 2016,n. 32, 280-30

[2] D. Poletti, Il c.d. diritto alla disconnesisonenel contesto dei <<diritti digitali>>, RCP, 2017,1,9

[3] E. Pietrafasa, R. Di Leo, M. Castriota, ICT e mercato del lavoro tra nuove professioni e rischi emergenti, RIMP, 2014, I, n. 2, 412-417

[4] R. Zucaro, Il diritto alla disconnessione tra interesse collettivo e individuale, LLI, Vol. 5, No. 2, 2019, ISSN 2421-2695

[5] R. Zuccaro, op. cit.

[6] R. Zuccaro, op. cit.

[7] La dicitura “stress lavoro correlato” deriva dalla traduzione di “work related stress” contenuto nell’accordo quadro europeo 8/10/2004 recepito in Italia nel 2008 con accordo interconfederale tra Confindustria, Confapi, Confartigianato, CGL, CISL, UIL e altre organizzazioni sindacali.